La formattazione per i provetti sceneggiatori

INCONTRO NR. 2: ALCUNI CONSIGLI PRATICISSIMI

FADE IN:

Ben ritrovati!

In questo nostro secondo incontro mi soffermerò su degli argomenti che mi stanno a cuore perché credo siano di vitale importanza per la stesura di un’avvincente sceneggiatura, per fare la differenza nel “fiume” di storie che ricevono i produttori. Scrivo ciò che ho imparato con mia esperienza sul mercato.  

1) La lunghezza della sceneggiatura

Durante i corsi che ho frequentato (“Intensive Screenriting Course in Spoleto with Irv Bauer”, “Write Your First Draft Fast I”, “Write Your First Draft Fast II” – University of Wisconsin, “Intensive Beat Sheet Screenwriting Workshop” con “Save The Cat New York”), mi è stato ripetuto che sceneggiature più lunghe di 120 minuti, per i lungometraggi,  sono difficilissime da “piazzare” soprattutto per gli esordienti.

Blake Snyder, nel suo “Save the Cat”, organizza la sua  “Beat Sheet” per una sceneggiatura della lunghezza di 110 minuti e raccomanda di scrivere sceneggiature non più lunghe di due ore. C’è però un’altra regola non scritta: se la sceneggiatura dell’esordiente  non supera i 100 minuti, avrà più probabilità di essere letta fino in fondo (spesso questa informazione viene passata verbalmente).

Vi sembra difficile?

Certo non è facile, ma se vogliamo essere “competitivi” in un ambiente dove la competizione  “fa da padrona” beh allora forse dovremmo fare del tutto per adeguarci. Perché cosa vogliamo?            Vogliamo essere letti e trovare un produttore per il nostro film!

Se avete scritto una sceneggiatura più lunga di 120 pagine, dovreste considerare l’opzione di accorciarla, e questo non deve necessariamente significare ridurre le scene o tagliarne dei pezzi.

Ecco i miei semplici consigli per ridurre le pagine della sceneggiatura:                                                            

  • Rileggete attentamente le righe di descrizione/azione. Non devono superare le 3 righe. Alle volte le descrizioni/azioni superano di poco le due, le tre o le quattro righe, forse in quella riga “in più” c’è solo una parola. In questo caso cercate di ridurre le parole, usando il dizionario dei sinonimi, o “giri di frase” più corti, trasformando qualsiasi verbo non al presente nella forma al presente.  E’ incredibile quanti modi diversi ci siano per esprimere lo stesso concetto con meno parole. Passate al setaccio anche la punteggiatura, e se trovate una virgola superflua, toglietela. I programmi di formattazione anche per un solo carattere di troppo aggiungono una riga (vanno a capo). Se si cercano parole più corte forse anche solo di un carattere, ecco che si risparmia una riga di azione/descrizione.

Su di una sceneggiatura di 120 pagine, ridurre anche una riga per pagina fa risparmiare facilmente 120 righe, visto che in media una pagina formattata bene contiene 35 righe, risparmiamo dalle tre alle quattro pagine, solo con piccole accortezze.

  • Rileggete i dialoghi il più possibile le didascalie. Le didascalie sono mal viste perché presumono che lo sceneggiatore voglia dirigere gli attori, e questo è compito del regista. Se i vostri dialoghi sono ben scritti, il tono si capirà benissimo. Le didascalie aggiungono molte righe e sono utili solo in certi casi: ad esempio un personaggio deve parlare con due altri personaggi, uno sta di fronte a lui, l’altro dietro di lui. In quel caso se non c’è interruzione nella sua battuta, sarà utile mettere tra le parentesi una didascalia: (il personaggio X si gira verso il personaggio Y).                                                                      
  • Una volta che avrete fatto un lavoro di “pulizia” e di riduzione delle parole, se avete ancora pagine in eccesso, allora dovrete ricominciare a rileggere la sceneggiatura con un occhio diverso, forse un po’ più critico.

Per ogni riga di azione/descrizione cercate di capire se è veramente utile, se non avete ripetuto dei concetti o delle azioni già scritte. Ad esempio se nell’intestazione di scena  c’è il luogo “CUCINA”, e avete bisogno di descrivere la cucina perché è importante per la storia, fatelo, e riservate a questa descrizione le minime righe necessarie. Ma se la descrizione della cucina non è importante per la storia, non mettete nella prima riga di descrizione/azione qualcosa come “Carlo è seduto al tavolo della cucina”. Di sicuro sarà seduto al tavolo della cucina, visto che l’azione si svolge in cucina.  Ecco che le due parole “della cucina” possono essere eliminate. Pensate a quante parole si possono eliminare perché scritte nelle intestazioni di scena. E pensate che “della cucina” non è  poi così lungo. Quante parole e battute in più ci sono ad esempio in: camera da letto, sala da pranzo, parcheggio del supermercato, parcheggio del centro commerciale, ecc…?

Per quanto riguarda i cortometraggi, la lunghezza può variare. Visto che i cortometraggi non hanno un vero e proprio mercato, ma vengono prodotti e in genere inviati ai festival, si può essere meno categorici.

Molti festival (alcuni importanti) vogliono corti di un massimo di 15 minuti, titoli di coda inclusi. Altri fino a un massino di 20 minuti, di 30 minuti, di 40 minuti, o fino a 60 minuti. I festival che accettano corti fino a un massimo di 30 o 40 minuti sono i più numerosi.

Però attenzione, è vero che si può essere meno categorici sulla lunghezza, però ricordiamoci sempre di essere concisi, chiari, semplici e di evitare le ripetizioni, che allungano le pagine, sono inutili e annoiano il lettore.  

2) La scena iniziale e la scena finale

Avete visto il film “Bowfinger” del 1999 (sceneggiatura di Steve Martin, regia di Frank Oz)? C’è una divertentissima scena in cui  Bowfinger riesce a sedersi accanto a un produttore importante, Jerry Renfro, perché vuole dargli la sceneggiatura che Jerry dovrebbe produrre  

        La scena si svolge in un ristorante. Bowfinger  mette in mano a Jerry la famigerata sceneggiatura intitolala “Pioggia cicciosa”, dicendo a quest’ultimo che il famoso attore Kit Ramsey ha già acconsentito ad interpretare il ruolo del protagonista (si tratta, avrete immaginato, di una bugia). Che cosa fa Jerry Renfro? Guarda la prima pagina, la legge velocemente, annuisce, gira le pagine e legge le ultime battute… E dice “Non male!”. Ora certo, il film è una satira di Hollywood, ma… ce la dice lunga sul come vengono lette le sceneggiature dai produttori “senza tempo”.  

Perché? Jerry Renfro legge solo la prima e l’ultima pagina?

Beh è una domanda facile alla quale rispondere! La prima immagine è importantissima e l’ultima immagine è altrettanto importante.

Visto che il film racconta una storia e quasi sempre una storia che cambia il personaggio principale, o il “mondo” della storia stessa,  l’immagine iniziale deve essere l’opposto dell’immagine finale. Se il personaggio principale è depresso, triste, alcolizzato, malato, antipatico… ecc… all’inizio, alla fine sarà diverso, sarà forse felice, forse entrerà a far parte degli alcolisti anonimi, oppure sarà sano, o ancora gentile e compassionevole.

Anche Bobby Bowfinger all’inizio ci appare squattrinato, arruffone, disordinato, vive nella Hollywood povera, ha una casa un po’ squallida ecc… mentre nella scena finale lo vediamo interpretare il co-protagonista di quello che probabilmente è il suo secondo film, nei panni di un ninja “liberatore” ed è soddisfatto e felice.

Ottimi esempi dell’opposizione delle immagini iniziali e finali sono i seguenti film: “The Holiday” (L’amore non va in vacanza – due protagoniste cambiano entrambe), “Witness”, “Words and Pictures”, e il più recente “Lady Bird”.

  • La poesia

Nel suo libro “Writing for Emotional Impact” Karl Iglesias consiglia, per scrivere belle sceneggiature, di studiare la poesia e di leggere molte poesie, per la stringatezza del loro linguaggio, capace di avere un impatto emotivo sui lettori.

L’essere scarni e stringati, quando si scrive per il cinema, non deve per forza farci scrivere in modo asettico, distante e freddo. Le migliori sceneggiature sono quelle che appunto fanno leva sulle nostre emozioni. Le migliori poesie sono quelle che con pochissime parole ci muovono. Quando leggiamo “M’illumino d’immenso” non ci palpita forse un po’ il cuore?

Quando scriviamo cerchiamo di usare il minor numero di parole possibili, evocando emozioni che noi tutti proviamo, proprio come fanno i poeti. Se non le provassimo, i poeti non esisterebbero. Ma siamo concisi, diciamo il meno possibile, suggeriamo e ricordiamoci sempre di una regola importantissima che in inglese recita: “Less is more” e che si potrebbe tradurre con “Di meno è di più”.

Spero di essere stata utile, pronti per studiare l’arte della formattazione per il cinema e andare nello specifico?

Alla prossima…

FADE OUT.