La formattazione per i provetti sceneggiatori

INCONTRO NR. 1: l ’A, B, C DELLA FORMATTAZIONE

FADE IN: Durante i miei anni passati a scrivere per il cinema, nei quali prima ho seguito quattro corsi di sceneggiatura, poi ho fatto la lettrice per case di produzione inglesi, per un sito americano per sceneggiatori e per un festival americano, ho scritto due cortometraggi che son poi stati prodotti, tre sceneggiature di lungometraggi, due delle quali sono arrivate in semi finale in concorsi internazionali, credo di avere le giuste informazioni da passare a chi abbia voglia di cimentarsi in questa affascinante avventura: scrivere per lo schermo.

Fermo restando che il film non è la formattazione, ma la storia, mi sento però in dovere di ribadire l’importanza della forma.

La formattazione della sceneggiatura è la forma che si dà alla storia e, se vogliamo essere presi in considerazione dalle case produttrici, dobbiamo presentare la nostra storia nel modo più corretto possibile. Perché la forma è vero non è la sostanza, e l’abito non fa il monaco, ma un abito sciatto dà un’impressione di trascuratezza, di “tirato via”, pregiudica la storia stessa e allontana le possibilità di vedere il nostro film prodotto.

Un piccolo cappello:

Proprio perché ho alle spalle l’esperienza di lettura per case di produzione e festival, so per certo che i lettori spesso non sono pagati, e se  sono pagati il compenso è veramente irrisorio. Inoltre le case di produzione e le direzioni dei festival danno ai lettori molte sceneggiature da leggere e commentare. Si chiede al lettore un parere e spessissimo un voto. Il tempo a disposizione è poco. Questa realtà può anche non piacerci, ma è una realtà con la quale “fare i conti”. Dunque, quando scriviamo, teniamo sempre a mente che probabilmente la nostra sceneggiatura sarà “una del mucchio” e domandiamoci spesso, quando scriviamo e rileggiamo: ma che cosa ha la mia sceneggiatura di speciale? Può veramente fare la differenza nel mucchio di sceneggiature che il lettore sotto pagato e con poco tempo leggerà?

Voi obietterete che ci sono molti film nelle sale che non sono poi così speciali, e posso essere anche d’accordo. Purtroppo la polemica non serve! Serve “distinguersi”, serve essere bravi, serve non solo avere un’idea vincente, ma anche una presentazione impeccabile.  

L’ esperienza mi ha insegnato questo: la gente che manda le sceneggiature alle case di produzione inglesi e americane, sa scrivere. Le sceneggiature che ho letto erano formattate bene, erano facili da leggere, comprensibili. Alle volte le storie non erano all’altezza della loro presentazione, potevano essere prevedibili, scontate, o con dei buchi di trama notevoli, ma erano formalmente tutte scritte bene.

Il mercato è estremamente competitivo, non scordiamolo mai.

E non lo dico per scoraggiare, ma per spronare a fare meglio, a dare il meglio di noi stessi. Non serve un talento particolare, ma tanto, tanto lavoro.

Regola 1: i programmi di scrittura:

cercare di usare per scrivere le sceneggiature programmi di formattazione specifici, ce ne sono due o tre molto usati: FINAL DRAFT, CELTX e FADE IN.  Il primo è a pagamento, se siete insegnanti o studenti potrete usufruire di uno sconto, le ultime versioni del secondo sono a pagamento, il terzo è gratuito.  Il carattere da usare è Courier 12. E’ molto importante usare questo tipo di carattere perché non è comprimibile. Una pagina di sceneggiatura corrisponde grosso modo a un minuto di film, dunque l’uso del giusto carattere permette ai produttori/lettori di sapere subito la lunghezza dell’eventuale film.

Regola 2: gli errori di battitura

Controllare e ricontrollare gli errori di battitura, gli errori di grammatica, la punteggiatura, le maiuscole, le minuscole prima di mandare soggetti, trattamenti o sceneggiature ai produttori, registi, attori, manager ecc…  Questo tipo di errore fa pensare all’eventuale lettore che l’autore sia stato frettoloso e non abbia riletto il testo. Gli errori di battitura sono frequenti, Final Draft permette di controllare l’ortografia in due lingue, ed è di grande aiuto.

Regola 3: terminologia

La sceneggiatura non deve usare termini tecnici che sono competenza della regia. Non vi preoccupate di scrivere “panoramica”, “piano sequenza”, “dolly”, “establishing shot”, “CUT TO”, ecc… Il regista non desidera che gli si dica come fare il suo lavoro (a nessuno piace che gli venga detto come svolgere il suo lavoro). Ricordatevi sempre che lo sceneggiatore scrive la storia, il regista decide come raccontarla.

Tutti i riferimenti tecnici, inoltre, sono noiosi da leggere, rallentano la lettura e di fatto non aggiungono qualcosa alla storia stessa.

E’ possibile suggerire al regista delle indicazioni su come girare una scena, come inquadrare un certo personaggio ecc…  più avanti parlerò di questo problema o meglio di questa “tattica”. 

Regola 4: la scrittura visiva

La sceneggiatura è per eccellenza una scrittura “visiva”: bisogna scrivere ciò che si vede. I personaggi non possono pensare, e sentire perché i pensieri e i sentimenti non sono filmabili. Se un personaggio è arrabbiato ad esempio, dovete pensare che cosa fa perché lo spettatore pensi che sia arrabbiato e descriverlo. Dunque non scrivere: Carlo è arrabbiato, ma magari optare per qualcosa come: Carlo sbatte i pugni sul tavolo, allunga il collo in avanti, prende la forchetta al lato del suo piatto e la brandisce contro Giulio.  Lo spettatore allora vede (e capisce) che Carlo è arrabbiato.

Un ottimo esempio di come Mark Andrus e James L. Brooks, in “Qualcosa è cambiato” hanno risolto il come far capire al pubblico che Melvin sta pensando e che dai suoi pensieri ne scaturisce un’idea, è la scena in cui Melvin, che ha appena ridato Verdel al suo padrone, e teme che Carol lasci il suo lavoro a causa delle continue malattie del figlio, pensa a cosa deve fare. Vi ricordate la scena? Melvin sta alla scrivania, non riesce a lavorare, si alza, va alla finestra (lo vediamo dietro alla finestra, dalla strada, guardare fuori), guarda la strada per qualche secondo poi… in fretta (ecco l’idea) si gira ed esce dalla stanza.

Un consiglio: quando non sono sicura di come descrivere un sentimento, un’emozione ecc… faccio una ricerca su Google. Inserisco nel motore di ricerca  ad esempio “uomo arrabbiato” e clicco su immagini. Lo schermo si riempie di immagini di uomini arrabbiati che osservo attentamente e di cui annoto i gesti. Potete anche cercare  “uomo arrabbiato” su YouTube e guardare dei video per annotare i gesti che la gente arrabbiata fa di solito.

Regola 5: il tempo dei verbi

In sceneggiatura esiste solo un tempo per tutti i verbi: il presente. Il film è ciò che scorre davanti ai nostri occhi, non ciò che è accaduto prima della scena che stiamo vedendo. Dunque tutti i tempi al passato, qualsiasi passato, vanno trasformati in presente. La stessa regola vale per il futuro.

Anche le forme come “sta cucinando” sono mal viste, meglio scrivere “cucina”. Non è forse la stessa immagine?

Chiaramente la regola del tempo dei verbi si applica alle righe di descrizione/azione, non ai dialoghi.

Regola 6: le righe di descrizione

Cercate di non scrivere lunghe descrizioni/azioni, descrizioni o righe di azioni più lunghe di 3 righe diventano difficili da seguire per il lettore.

Questa regola può sembrare restrittiva, arbitraria e “sciocca”, ma non lo è per le seguenti ragioni:

  • Più la pagina è bianca, più facile sarà per il lettore leggerla.
  • Se un personaggio fa molte azioni nello stesso paragrafo sarà meno facile per l’eventuale lettore visualizzarlo. Se si interrompe la descrizione delle azioni da un doppio spazio, l’attenzione del lettore verrà “riattivata”.
  • Fate frasi corte, la sceneggiatura non è un  romanzo di narrativa.
  • Il dover rispettare la regole delle tre righe obbliga lo scrittore ad essere sintetico, a trovare soluzioni per descrivere le azioni di un personaggio, i suoi sentimenti, i suoi pensieri attraverso le azioni o espressioni del viso ecc… con meno parole, ad essere chiaro e diretto come le immagini che vuole suggerire.

Questa regola vi può sembrare difficile.

Verissimo!

All’inizio è una regola difficile da seguire, ma se scrivete  tenendola sempre a mente, riuscirete ad essere sintetici e il più delle volte riuscirete a descrivere ciò che vorrete in anche meno di tre righe. Torneremo in dettaglio in seguito sulle descrizioni.

Niente panico però, non succede niente se ogni tanto le vostre descrizioni saranno più lunghe di tre righe, ma questi paragrafi dovranno essere l’eccezione o le poche eccezioni alla regola.

Consiglio 1: aprite un dizionario dei sinonimi on line. Ve ne sono molti, trovate il sito che vi piace di più e tenetelo sempre aperto mentre scrivete: è incredibile quante possibilità si hanno di descrivere la stessa immagine con parole diverse, come meno parole, con parole più corte.

Consiglio 2: evitate il più possibile gli avverbi, aggiungono parole, ma non aggiungono concetti reali. Questo è un consiglio che ho trovato leggendo il saggio “On Writing” di Stephen King. Il grande scrittore odia tutti i “mente” e dimostra come i “mente” (in inglese ly) appesantiscano la narrativa e non aggiungano niente di veramente essenziale alla storia. E la scrittura per il cinema deve essere essenziale.

Regola 7 : i dialoghi

Cercate di scrivere non più di 3 righe di dialogo per ogni personaggio. Qui si può forse sgarrare un po’ di più, ma ricordate sempre che il cinema non è una sala di teatro. Quando andiamo al cinema siamo davanti a un grande schermo dove le immagini raccontano la storia. A teatro i personaggi devono spiegare le loro azioni, i loro sentimenti, le loro motivazioni ecc… Sono su di un palco, e, a meno di stare in platea nelle prime file, essi sono lontani dal pubblico, a “grandezza naturale”. Gli spettatori non possono vedere le espressioni del viso se non da lontano.  Al cinema le immagini prendono tutto lo schermo e un personaggio che ad esempio chiude gli occhi, si vede subito. Le immagini spiegano il “non detto” alle volte senza che venga detta una sola parola.

I dialoghi sono avvincenti quando sono serrati e/o intramezzati dalle azioni.

Anche qui: la regola sembra difficile, ma non lo è più di tanto. Inoltre si può sgarrare: se un personaggio deve  fare un discorso, ad esempio, è chiaro che non può essere interrotto e le righe di dialogo saranno più di tre.

Consiglio al riguardo di leggere “A spasso con Miss Daisy” l’opera teatrale scritta da Alfred Uhry e di paragonarla alla sceneggiatura del film (sempre scritta dallo stesso autore). Spesso ciò che era detto a teatro in righe di dialogo,  diventa una scena distinta (anche molto breve) al cinema. L’opera teatrale si trova su Amazon in versione Kindle per pochissimi euro.

Approfondirò i dialoghi anche in seguito.

Regola 8: il titolo

Il titolo va scritto in maiuscolo al centro della pagina, seguito subito dal nome del o degli autori. In basso a sinistra va scritto il nome del o degli autori, l’indirizzo, il recapito telefonico e l’e-mail. Non consiglio di mettere il numero della registrazione presso la SIAE o altri enti, soprattutto se inviate la sceneggiatura oltre oceano. Dovete registrare la sceneggiatura, certo, ma non c’è bisogno di inviare il numero della registrazione.  Eccovi un esempio:

TITOLO

di

Nome dell’autore

Indirizzo completo  Via… Città… Paese Recapito telefonico E-mail

Conclusioni:

Mi fermo qui per questo nostro primo incontro. Nel prossimo ci saranno consigli molto più tecnici. Spero di essere stata utile!

FADE OUT.